Recensiamo i recensori 4

2008-05-12 13:23:10

 

Dopo la chiusura della rivista Fernandel alcune puntate della rubrica descritta qui hanno trovato spazio sul sito Fernandel 

Ora, ospitate dal settimanale di cultura il Domenicale, potete trovare in ogni edicola le mie considerazioni sui recensori. Eccone alcune:

 

ALL’INDICE

Impossibile occuparsi di recensioni senza tener conto del foglio che le contiene. Prendiamo l’Indice: appare immediatamente, per impaginazione, utilizzo dei caratteri e scelta dell’illustratore (Tullio Pericoli, un gigante), come un giornale serio. L’impressione è confermata dalla gerarchia dei contenuti: la narrativa italiana compare dopo una buona dozzina di pagine dedicate a ricognizioni dello scibile planetario e viene presto abbandonata per argomenti ben più seri, storia, filosofia, religione, scienze, politica, musica (non ci si riferisce, ovviamente, all’ultimo librino del DJ). Per fugare qualsiasi dubbio residuale sulla autorevolezza del mensile basta una semplice considerazione statistica: su cinquanta articoli venticinque sono redatti da docenti, ricercatori o borsisti (alla lodevole abitudine di far seguire agli articoli l’indirizzo e-mail dei recensori, l’Indice unisce quella di riportare l’occupazione degli stessi - Sindaco di Siena, magari – col danno collaterale del frequente ricorso alla qualifica di “critico letterario”, che in tale consesso, non esistendo un Albo dei critici letterari, corrisponde al Signore affibbiato sulle targhette degli uffici ai funzionari più sfigati). E quando non si tratti di accademici, si ha a che fare in ogni caso con redattori di comprovata competenza: nell’ultimo numero, per recensire un libro sulla storia del cosmo, si è fatto ricorso a un componente dello staff di Thales Alenia Space. 

Non si corre il rischio, insomma, di imbattersi nell’approssimazione di certi settimanali, anche se può capitare (spesso serietà è sinonimo di ingessatura) di ritrovarsi sotterrati da analisi speciose, accademiche, fin troppo minuziose. Per dirne una, la stroncatura del romanzetto di Veltroni, che non avrebbe occupato più di venti righi in un’altra rivista, fu occasione di ampia disamina da parte di Giuseppe Antonelli, che si diffuse sullasindrome dell’alba, per Veltroni di volta in volta semplice, cupa, livida, ‘speciale per un giorno speciale’, forse riconducibile “a un archetipo (rimosso?): il sorgente sol dell’avvenire”. La lunghezza era però riscattata da un delizioso excursus sulle manifestazioni letterarie del genere, dal canzonettistico Cosa succederà alla ragazza(l’album più joyciano della coppia Battisti-Panella:L’alba, la barba, la curva della gola…) all’epopea partigiana di Fenoglio: “in letteratura l’alba la presero in duemila, affatati dalla stessa passione che affligge qui la paternalistica voce narrante”. 

Ma guardiamo l’ultimo numero del mensile, che dedica un paginone all’analisi di un’inserzione pubblicitaria (operazione già praticata, felicemente quanto concisamente, dal compianto Oreste Del Buono). Alberto Rizzuti viviseziona la campagna di un’azienda specializzata in poltrone e sofà, che, avendo varato la collezione Ouverture, si è affidata all’headline DO RE MI SO FA’. Per descrivere la trovata (invertire la successione di due note e accentarne una in modo da suggerire l’oggetto sofà) Rizzuti utilizza a occhio e croce (gli indicanti perdonino la superficialità) diecimila battute. Solo dopo passa al motivo della riprovazione: questi zotici di pubblicitari si sono permessi di dichiarare, a “chiare e boccolutissime lettere”, la modalità allegro con brio. Trattandosi di pezzo per natura briosi – protesta Rizzuti – non è necessario specificarlo. Più che errore, insomma, ridondanza. Neppur quella, in realtà, dappoiché lo stesso recensore ammette che le ouverture paludate in voga alla corte del re Sole tanto briose non erano. Alcune ouverture, inoltre, vedi il Barbiere di Siviglia, iniziano con lentezza quindi necessitano della specificazione. Infine, va detto per onestà, quella dell’Olandese volante ha davvero un attacco in allegro con brio. Tutto regolare, insomma, e siamo a ventimila battute sul nulla. Ma eccoci al vivo della questione: l’offesa arrecata alla categoria degli alfamusici dalle coppie di pentagrammi riprodotte sopra gli articoli della collezione. Qui il Creativo ha toppato: invece di limitarsi a riprodurre l’attacco di un’ouverture sbatte in pentagramma delle note a casaccio. A casaccio è termine nostro, ché all’Indice non si fa nulla a casaccio, ragione per cui il docente dell’Università di Torino infila altre diecimila battute per analizzare lebattute inconsulte, spiegandoci come il pubblicitario abbia “aggredito” il secondo volume di un’edizione delle sonate per pianoforte di Beethoven randomizzando le battute 1-13 e 52-63 e 114-119 (“due volte, era un fegatello saporito” commenta il musicologo affidandosi ripetutamente a metafore da macelleria) e tante altre ancora, raffrontando l’operazione alle manovre di uno squadrone di cavalleria. Poi, per far intendere fino in fondo anche a noi senza orecchio e senza discernimento quale scempio sia stato fatto dell’opera di Beethoven, Rizzuti rapporta poi il tutto alla letteratura tagliando e cucendo in modo similare i versi dellaCommedia. Fine del paginone. Fine di un’illusione.

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