Ville forestiere

2007-05-05 18:50:25

 

Le Cenate

 

Riproposizione di una carrellata (dall'Agenda Manni 2006)

Un osservatore superficiale potrebbe collocarci nel Salento (questa in fondo è stata Terra d’Otrantoma Latiano è pur sempre al di sopra del Limitone de’ Greci. Due chilometri a nord da casa mia si avvista il primo trullo (dico trullo, 

 

mica furnieddhu). Insomma scendo in Salento come un forestiero e come un forestiero qualsiasi amo del Salento proprio ciò che viene decantato dai depliant turistici. Inutile rielencare gli ingredienti, tanto più che gli assessorati non mi pagano. Ma correrò il rischio del pittoresco soffermandomi sulla meno salentina - almeno in apparenza - di queste location (ormai la Puglia è terra di cinematografari). 

Occorre partire da Nardò. Dovrei soffermarmi sui pregi del suo centro storico ma non c'è spazio (e poi non mi pagano) perciò mi limiterò a far notare che la temperatura media è di tre gradi più alta di quella di Latiano (tanto per far comprendere che qui ci si sente davvero a sud). Confesserò inoltre che in passato il nome della cittadina mi suonava ridicolo e che da bravo provinciale per sentire l’incanto di questo e altri nomi di località pugliesi ho dovuto attendere il sillabare estasiato dello Sgarbi di turno (così come per sentire la bellezza sobbollente d iCocumola ho dovuto accostarmi, molto tardivamente, a Bodini). Dopo Posto di Blocco, sulla strada per Santa Caterina (altro posto da cartolina, fuori dal tempo ma non fasullo: dalla rotonda che dà sul porticciolo le costruzioni moderne non si vedono e tutto è come è sempre stato, le vecchie case basse come settant’anni fa, la pineta, la torre in alto e il presentimento di Porto Selvaggio), ecco lì le Cenate, la distesa di ville signorili. 

In tempi più ideologici ne disprezzavo la cialtroneria di base. L’eclettismo come prurito di nuovi ricchi: provincialismo del “come se”, bovarismo architettonico, trovata disneyana. Poi ho preso a godermi l’invenzione: è formidabile l'idea che un buon numero di benestanti, a inizio secolo ventesimo, decidano di crearsi la loro Nardò 2 (o Santa Caterina 3) all’insegna – e come potrebbe essere diversamente? – dell’individualismo invece che dell’uniformità, come userebbe in altre contrade. E così, introdotta dal normale barocco della villa vescovile (che di normale non ha nulla essendo stata costruita in periodi da neoclassico) ecco l’infilata di palladiano, neoclassico, neogotico, liberty, moresco. Moltiplicata, l’assenza di originalità finisce per convertirsi nel suo opposto: l'unicità. 

Anche le ben più autentiche Cenate Vecchie sembrano entrare a far parte di quest’esposizione: una delle ville più antiche (escludendo forse l'antica stazione di posta sulla strada sterrata parallela) ha mantenuto il piazzale in terra, con l’uliveto che si spinge a pochi metri dalla casa. Le chianche iniziano proprio sotto il portale spingendosi poi in una corte archetipica. La costruzione tradizionale risulta qui enfatizzata, ricreata esemplarmente per trovar posto nel campionario. 

Pure a Leuca, in quel periodo, si aborriva la semplicità: in mancanza di filologici dettami “mediterranei” si accoglievano echi d’ogni dove. E Carmelo Bene ha adagiato Nostra signora dei turchiattorno al palazzo moresco di Santa Cesarea, "impallidito dalla sua stessa programmaticità… costruito come un peccato esemplificato a che nessuno lo ripetesse… si distingue, si libera da tutta una verità italiana meridionale". Alla fine, “ali aperte le bifore animate, il palazzo moresco se ne va. Rimpatria dove sono altri stormi di follie".

Perché, suscitando clamore di clacson e localissimi improperi, continuo a percorrere a passo d’uomo la strada per Santa Caterina? Spero di vedere involarsi qualche villa, come un UFO stanco di ricognizione? 

Nel Salento si guarda altrove, si vola a bocca aperta, ci si estrania. La pizzica non è un ritorno alle radici: è distrazione parossistica, fuga dal quotidiano. Ai poveri le convulsioni, ai ricchi una botta d’architettura aliena.

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