Il Dionisiaco, altro che relitto

2009-04-29 13:37:41

 

su Alceo, Marzo 2009

 

La tarantella, peBacco

 

Editore locale, copertina bruttina, la tarantella nel titolo. Ancora la pizzica? Ma basta! L’autore, ci informa il risvolto, ha fondato il gruppo Tamburellisti di Torrepaduli. Uno stornellatore, figuriamoci. Prefatore un docente dell’Università di Lecce. Per carità, conosciamo la prosa e lo spessore di codesti figuri. La data di uscita, poi, 2004, lo rende 

 

‘vecchiotto’ per un interessamento delle pagine culturali. Via, evitare. Se per sbaglio lo apri, però, capisci immediatamente che L’Estetica della tarantella – pizzica, mito e ritmo di Pierpaolo De Giorgi – Congedo editore - è tutt’altro che l’ennesima furbata editoriale: la densità del libro ti fa flettere i polsi.

Pierpaolo De Giorgi e Paolo Pellegrino – curatore della collana (Eidos) per la quale ha anche scritto il primo titolo, Il ritorno di Dioniso - non sono i primi a rilevare l’angustia delle maglie etnologiche di de Martino, il riduttivo approccio socioeconomico, quando non psichiatrico, al tarantismo, il trito ritornello dell’arretratezza. Già altri avevano rilevato che per lo storicista De Martino la ricchezza spirituale del popolo salentino non era che “miseria culturale”, da spazzar via al più presto, per un più acconcio, materialistico riscatto. Ma questo lavoro è sicuramente tra i più ricchi e documentati sull’ampiezza geografica e temporale del quadro di riferimento dei miti e delle pratiche che sono confluite nel tarantismo. Un quadro grandioso della memoria mitologica europea e una scommessa sul suo valore permanente e profetico, anche in un periodo di esasperata razionalità tecnologica. Oltre a centinaia di fonti tra le più disparate, De Giorgi cita con elevata frequenza Marius Schneider, in particolare la sua convinzione dell’inscindibilità di mito e ritmo. Il ritmo è elemento costitutivo del mito. La musica ciclica, tendenzialmente perpetua, della tarantella è un applicazione del pensiero mitico. E il danzatore è colui che rende vivo il mito.

Pur costituendo una puntualissima analisi del fenomeno pizzica (ferrata e sottilissima l’appendice musicologia, anch’essa mai confinata nell’arido specialismo ma innervata da influssi di tutt’altre arti) questo libro va letto anche da chi non ha alcun interesse per i casi delle tarantate. Le ricognizioni artistiche, archeologiche, filosofiche, letterarie, religiose, psicoanalitiche, teatrali, sono imperdibili per chiunque cerchi coordinate per immergersi in quel flusso plurimillenario che per comodità definiamo dionisiaco, ma che potremmo, con Hölderlin, attribuire a Cristo, o più semplicemente a tutto ciò che ha a che fare col pensiero analogico, con la potenza della rappresentazione duale e della riconciliazione degli opposti. L’amico Andrea Di Consoli, scrittore ed editor, scappò dal Salento per non sentir più parlare di festa. La fescta, la fescta – imitava sardonico – non c’è altro che la festa qui. Perchè scandalizzarsi? Secondo Durkheim, il tempo non è altro che “una successione di festività”. Non c’è simbolo, in ogni angolo della terra e della storia, dal labirinto alla svastica, che non possa venire ricondotto alla stessa sapienza ‘sovraculturale’, dionisiaca, quindi festosa. Se auspicate – o constatate, come Michel Maffesoli – il reincanto del mondo, contro la preminenza della ragione strumentale e argomentativa, questo libro è un ottimo breviario.

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